Eventi | 04 ottobre 2022

Piccinelli, un Mastino al Brinzio: «Tavoli prenotati fino al 2023, qui si mangia solo ciò che produciamo. L'entusiasmo attorno all'hockey non dev'essere un fuoco di paglia»

Siamo andati nell'agriturismo tra i boschi dove Lorenzo, 30 anni compiuti oggi, porta avanti l'attività di famiglia e dove è accompagnato dalla "mascotte" Valentino, un capretto di un anno nato il 14 febbraio: «Non abbiamo neppure la pubblicità sulla strada, una pagina Facebook o il menu: serviamo solo cose fresche del momento. Turisti anche da Svizzera, Germania e Australia. Nei Mastini il gruppo fa vincere anche contro i più forti, ma è ancora più importante seminare nel settore giovanile»

Piccinelli, un Mastino al Brinzio: «Tavoli prenotati fino al 2023, qui si mangia solo ciò che produciamo. L'entusiasmo attorno all'hockey non dev'essere un fuoco di paglia»

Un Mastino al Brinzio. È Lorenzo Piccinelli, trent'anni compiuti proprio oggi, grande acquisto dei gialloneri dell'hockey, dove torna dopo 8 anni e con cui esordirà sabato in campionato a Bressanone, e dell'agriturismo di famiglia, uno dei luoghi più caratteristici e amati non solo dai varesini per gustarsi prodotti a chilometro zero.

Lorenzo, emblema della determinazione sul ghiaccio, conserva queste doti anche tra i recinti dell'Azienda agricola e agriturismo Piccinelli di Brinzio. Senza però rinunciare alla dolcezza, come quando abbraccia il piccolo Valentino, un capretto nato lo scorso 14 febbraio: «È la mascotte di casa nostra - racconta - ed è un po' anche il padrone di casa».

Quello in cui ci porta il numero 71 della squadra allenata da coach Devèze è un mondo fatto di sapori genuini e calore familiare, tra i boschi del Campo dei Fiori a un passo da Varese. «Lavorare con i miei genitori Massimo e Marina è sempre bello, così come portare avanti l'attività di famiglia». Un'attività nata nel 2000, sviluppatasi nel 2012 con l'apertura del negozio e della gelateria, fino alla definitiva consacrazione nel 2016 quando è stata aperta l'attività di ristorazione

«Le cose per fortuna vanno bene, in tanti ci conoscono e parlano bene di noi - racconta Lorenzo - dopo la pandemia abbiamo avuto un boom e i trenta posti a sedere al chiuso non bastano più. Basta pensare che abbiamo le prenotazioni chiuse fino a fine anno: l'intenzione è quella di partire con lavori di ampliamento per rendere fruibile anche il piano superiore e allargare la capienza».

Di qui passano tanti varesini, ma anche turisti provenienti da Svizzera, Germania e persino Australia. «E pensare che non abbiamo nemmeno la pubblicità fuori dall'agriturismo». Tutto è basato sul passaparola. L'agriturismo è portato avanti a dimensione familiare: oltre ai genitori c'è anche la sorella Francesca che, ovviamente, è cresciuta sulle lame tanto da essere istruttrice di pattinaggio artistico a Como. 

Tutto è a chilometro zero: «Non c’è il menu e si mangia quello che c’è o che raccogliamo in settimana. Noi stessi produciamo il mais per la polenta, le castagne per la birra, frutta per le confetture e carni per brasato e spezzatino e alleviamo maiali per i salumi, che sono nostri al 100 per cento. Per i formaggi collaboriamo con altre realtà del territorio, da Rancio a Casciago, così come per il miele e la birra (800 litri già prodotti ed esauriti)».

Il ristorante è aperto da venerdì sera a domenica ed è affiancato da un negozio in cui vengono venduti proprio questi prodotti: con novembre, l'apertura sarà ampliata anche ad alcuni giorni della settimana. Un posto autentico vissuto con il cuore e dai sapori forti, proprio come l'esperienza sul ghiaccio di Lorenzo.

«Non mi aspettavo di respirare tanto entusiasmo nell'ambiente e sono contento del supporto della gente - dice il numero 71 giallonero - La base è forte, i nuovi si stanno inserendo bene e il gruppo è quello che ci aveva già permesso di vincere a Milano contro squadre sulla carta favorite. Siamo una grande famiglia anche fuori dal ghiaccio e questo può fare la differenza». 

Forza e chiarezza non mancano, e non solo a parole, a Lorenzo: «Spero che l'entusiasmo che stiamo vivendo non sia solo un fuoco di paglia ma che duri nel tempo e che sia una rampa di lancio per la prima squadra e per il settore giovanile, solo così il Varese riuscirà a coprire il buco generazionale che si è creato anche a causa dell'assenza del palaghiaccio che, però, non può essere una scusa visto che altre realtà hanno avuto o hanno lo stesso problema. Prendiamo l'Appiano: magari per qualche stagione non fa risultati ma, dando spazio con continuità ai giovani del settore giovanile e facendoli crescere, dura nel tempo e, prima o poi, arriverà anche a vincere».  

Investire di più nel settore giovanile, puntando proprio su professionalità ed esperienza: Piccinelli prende ad esempio la sua esperienza. «Vengo da settimane di camp prima a Corvara, in Val Badia, dove c'erano 80 bambini dai 6 ai 14 anni, e poi a Pinerolo e Pieve di Cadore, dove non erano molti meno anche se un po' più grandicelli. A fare la differenza è il coach, il suo carisma, la sua capacità di far crescere, coinvolgere e trasmettere insegnamenti ai ragazzini ma anche a gente come me. Professionisti come Karel Dvorak e e Zdenek Kudrna, con cui lavoro ai camp, sono decisivi, così come la capacità di entrare nelle scuole (i bimbi devi portarli sul ghiaccio andando a convincerli in classe): tutto questo, alla lunga, ti fa risparmiare sulla prima squadra ma ti fa anche durare e probabilmente vincere, a costo di andare incontro ad alcune annate difficili in termini di risultati nei momenti della "semina"». E di semina Piccinelli se ne intende...

Andrea Confalonieri - Bruno Melazzini